Santiago Montobbio, «Los poemas están abiertos», El Bardo/61 Colección de Poesía, 2023

Santiago Montobbio apre «la puerta de su casa» con quest’ultima raccolta di poesie pubblicata ad aprile del 2023 da El Bardo Colección de Poesía. Nella dedica dell’esemplare inviato alla biblioteca della sede di Milano dell’ISEM, le parole del poeta ribadiscono la sua profonda sensibilità e l’immancabile ricordo rivolto al Prof. Giuseppe Bellini.

Il ponderoso volume si presenta come una sorta di diario che, partendo dal mese di luglio 2020 fino al 18 luglio 2021, registra il passare dei giorni e dei mesi nel periodo di isolamento pandemico. Il vate, nostro caro amico, non delude mai i lettori per lo spessore del suo messaggio e per la dimensione spirituale delle sue opere, che stimolano alla riflessione e all’intima meditazione.

In «Sobre el mar. En la noche y sobre el mar» del 4 di agosto del 2020 il poeta scrive: «A través de las ramas de los pinos. La luna. / El enigma infinito de la vida, la necesidad / de en el arte perseguirlo» (p. 41), in cui la notte, il cielo, la luna ritornano nelle riflessioni del poeta come ancore di salvezza in un periodo buio dell’umanità. Ma anche il mattino, il crepuscolo o la compagnia materna sono celebrati in questo volume con la consueta raffinatezza del poeta barcellonese, un resoconto dell’anima durante il confinamento vitale e fisico in cui Montobbio riesce, con dettagli poetici e con un tono sempre sensibile e suggestivo, ad emozionare.

Il pensiero del poeta è intervallato da testi in versi e in prosa in cui dialoga con i suoi libri e con gli autori che ha sempre amato: Ramón J. Sender, Francisco Umbral, Sor Juana Inés de la Cruz, Fray Luis e tanti altri.

Segnaliamo inoltre che la Fonoteca Española de Poesía ha pubblicato un bookmovie in cui poter ascoltare il poeta nella lettura di tre poesie tratte da questo volume e leggerne contemporaneamente anche i testi: (399) “Los poemas están abiertos” Santiago Montobbio (España) – YouTube

Emilia del Giudice

(Notiziario n. 114, luglio 2023, p. 16)

Antonio Porchia, «Voci. Con una lettera di Alejandra Pizarnik», Traduzione, nota critica e curatela di Andrea Franzoni, Ancona, Argolibri, 2023

Antonio Porchia (Conflenti, 1885 – Buenos Aires, 1968) occupa una posizione a sé nel contesto nelle lettere del Río de la Plata. Emigrato in Argentina adolescente nel 1902, orfano di padre, insieme alla madre e ai numerosi fratelli impara l’arte di sopravvivere in una città che ambiva a diventare culla letteraria dell’America ispanica. Sceglie di vivere umilmente, frequenta gli ambienti anarchici e collabora con le incipienti organizzazioni sindacali.

Nella tipografia che gestisce con il fratello nel quartiere di San Telmo, nella zona sud di Buenos Aires, riceve spesso giovani artisti locali. Viene poi coinvolto nella Agrupación de Gente de Arte y Letras Impulso, creata nel 1940 da Fortunato Lacamera, Antonio Carotenuto, Miguel Angel Victorica e altri artisti, con il proposito di organizzare esposizioni, conferenze, lezioni libere di disegno: in altre parole, di promuovere l’arte tra i ceti popolari. Ne diventa presidente nel 1951. In questo clima di gruppo autogestito, che vuole fare cultura dal basso, matura anche la prima edizione di Voci. Porchia riunisce, sollecitato dai suoi amici artisti, quelle sentenze tanto enigmatiche, concise e indovinate, che probabilmente avranno illuminato le loro riunioni e dibattiti.

Le frasi brevi esercitano un fascino innegabile sui traduttori, perché offrono loro la possibilità di cesellare l’espressione alla ricerca di rese il più efficaci possibili. Al contempo, li pongono di fronte ad una sfida insidiosa. Forse questo è uno dei motivi che spiega come mai in Italia Voces di Antonio Porchia abbia già trovato vari editori e quindi traduttori, ad iniziare da Vincenzo Capitelli che, nel 1979, propose una selezione di “voci” tradotte in italiano. L’edizione più recente, apparsa nel 2023, porta la firma di Andrea Franzoni, traduttore, docente e critico letterario che ha dato prova della sua bravura misurandosi con i testi di Alejandra Pizarnik, Roberto Juarroz –entrambi ammiratori di Porchia– e altri autori.

Per arrivare alla resa in italiano, Franzoni si è servito di un metodo preciso, di cui fornisce qualche indicazione nella nota critica finale. Letture, confronti, rifacimenti e revisioni, scanditi nell’arco di un anno, per ottenere un’espressione che non lasci trapelare la voce del traduttore ma si presenti come parola pura, circondata dal silenzio. In quel silenzio si rende possibile, sostiene Franzoni, l’incontro tra il libro e il lettore, un percorso che parte dal libro e va verso il lettore, al contrario di ciò che riteniamo naturale.

Il volume forma parte della Collana Talee, diretta da Andrea Franzoni e da Fabio Occhini, dedicata alle raccolte di poesie e alle opere che, come alberi secchi abbattuti, gettano nuovi germogli. In chiusura, il codice QR permette l’accesso al testo in originale e ad alcune voci lette dall’autore. 

Renata Adriana Bruschi

(Notiziario n. 114, luglio 2023, pp. 15-16)

Michela Bellini, «Senza centro», Milano, Porto Seguro, 2022

Michela Bellini, Senza centro, Milano, Porto Seguro, 2022, 97 pp.

In un equilibrato contrappunto artistico di poesia e prosa, appare per i tipi di Porto Seguro una nuova raccolta lirica di Michela Bellini. Bipartita, presenta nella prima sezione composizioni dell’ultimo quinquennio e, nella seconda, concentra quelle scaturite dalla pandemia, esprimendo il sentire profondo della scrittrice.

In Poesie del nuovo corso assistiamo all’evoluzione formale e contenutistica di una scrittura ormai matura, in cui si giustappongono immagini e cromatismi, come serie di istantanee sinestetiche che restituiscono «Immagini e atmosfere / emozioni sfibrate dal ricordo» (p. 13).

La poesia è vista in funzione catartica, quale intimo e laico espediente «per dimenticare la fatica / di un inverno impietoso / di un immutabile dolore» (p. 17). Dolori antichi e nuovi, seppur invisibili, lacerano impietosamente il presente e il «tempo che rimane» (p. 29), in un ridicolo e fastidioso «groviglio nel petto / che disturba» (p. 39), nel precoce rimpianto di quello che accadrà, nelle porte chiuse e nei dipinti cancellati.

«Un tuffo nel passato / mille passi / torno indietro» (p. 23) riporta la poetessa allo studio paterno di via Spartaco 23 dove, tra i molti libri e ricordi, era custodita un’antologia del Premio Nobel cileno a lei dedicata, con l’immancabile inchiostro verde, da tío Pablo: qui si fondono lacrime, nebbia, tristezza, inverno e freddo.

Ma si affermano positivamente anche i valori rigeneranti dell’esistenza – come dimostra l’epigrafe al piccolo Zeno –, dell’amicizia, del cameratismo, della bellezza: è viva la volontà «di riordinare la vita / di trattenere cose ormai svanite nel tempo» (p. 43).

In Poesie della pandemia si ripercorrono le «quotidianità disarticolate» (p. 93), i sentimenti contrastanti del periodo di isolamento: «Porte che non si possono chiudere / pagine che non si voltano / molte vite lasciate indietro / un’incognita di fronte» (p. 71), nell’attesa speranzosa della «noia della normalità» (p. 73), «in cerca di un futuro / magari senza senso / che davvero esista» (p. 81). Il prima, il durante e il dopo si contrappongono su un orizzonte lontano, il tempo lacera, severo e immobile, «sensazioni e sentimenti / senza un motivo apparente» (p. 83): «tutto come sempre / sembra / ma di normale non è rimasto niente» (p. 85).

L’epilogo, anche in questa sezione, accenna alla speranza della vita ritrovata, alla gioia della condivisione, alla sommessa festa di rinascita dei corpi finalmente liberi e visibili.

Patrizia Spinato B.

(Notiziario n. 112, marzo 2023, p. 14)

Marisa Martínez Pérsico, «Finlandia», a cura di Matteo Lefèvre, Roma, Edizioni Ensemble, 2021

Marisa Martínez Pérsico, Finlandia, a cura di Matteo Lefèvre, Roma, Edizioni Ensemble, 2021, 97 pp.

All’interno della collana «Siglo Presente» della casa editrice Ensemble trova spazio la raccolta di poesie di Marisa Martínez Pérsico dal titolo Finlandia. Edita nell’ambito del Programma di sostegno alla traduzione «Sur» del Ministero degli Affari Esteri e del Culto della Repubblica Argentina, l’opera è presentata da Matteo Lefèvre con uno scritto dal titolo «In Finlandia fa caldo»: nel testo scioglie l’ossimoro, accompagnando il lettore non nella Finlandia reale, che nell’immaginario collettivo è caratterizzata dal gelo e dalle temperature rigide, ma nella Finlandia proposta e ricreata dalla poetessa. Lefèvre la definisce una «Finlandia stupefacente, un luogo reale e insieme immaginario […]. È un posto metaforico, un universo ovattato eppure pulsante, marginale e ombelicale. Per la nostra autrice la Finlandia è il centro del mondo» (p. 5).

Questa visione immaginativa del paese scandinavo nasce innanzitutto da una contingenza personale dell’autrice, raccontata nella poesia che dà il nome alla raccolta: in teoria sarebbe dovuta partire per la Finlandia per recarsi presso una residenza di scrittori, «pero vino la peste» (p. 46). Sarà dunque proprio una delle peggiori tragedie del nostro secolo ad impedire il viaggio programmato; ma «Decidida / a viajar a cualquier precio / entre los fiordos olímpicos, / imaginé Finlandia» (p. 46). Ha inizio così il viaggio immaginario nelle terre lontane del nord Europa, un vagare tra i luoghi negati dalla pandemia attraverso la fantasia e la poesia.

Le composizioni sono costruite seguendo una metrica non omogenea, passando dai più classici endecasillabi ed alessandrini alla spagnola a versi sciolti e strofe autonome. Ne consegue un ritmo agile e vivace, che dona energia e calore alla meta del viaggio, che appunto si allontana dal paesaggio glaciale a cui siamo abituati e si trasforma in un paese caldo.

Ad una forma così eterogenea corrisponde un contenuto altrettanto composito. Martínez Pérsico utilizza nelle sue poesie toponimi reali, come le città di Helsinki e Sysmä, oppure il fiume Vantaa; accostati ad essi vi sono però elementi fantasiosi, tratti dalle leggende del luogo, un’antitesi che ben esemplifica la creatività poetica dell’autrice: «En Rovaniemi / hay elfos hacendosos» (p. 35). Le immagini da fiaba vengono rievocate tramite l’impiego di referenti comuni che ricordano le caratteristiche lande finlandesi, come boschi e fiordi, o con figure che vengono associate al folclore locale, come i già citati elfi e Babbo Natale.

L’universo letterario si nutre anche di classici: incontriamo epigrafi di Borges e Montejo, riferimenti a Blake, a Kavafis e alla parabola del buon pastore dell’evangelista Luca. Peculiare il rimando al canto XV del Paradiso nella poesia «Invito all’oblio»: se nella Divina Commedia Dante viene riconosciuto e accolto con calore dal trisavolo Cacciaguida, nella composizione spagnola il messaggio è ribaltato completamente negli ultimi versi «¿Para qué / vamos a ir al paraíso / sin conocer a nadie? / El infierno es mejor» (p. 33).

Un ultimo apprezzamento è da indirizzare a Lefèvre e alla sua opera di traduzione, fedele all’originale e in grado di restituire le sonorità dei versi, rispettando lo stile dell’autrice e consegnando poesie cariche del calore della Finlandia di Martínez Pérsico.

Martina Mattiazzi

(Notiziario n. 111, gennaio 2023, pp. 11-12)

Vicente Quirarte, «Fra’ Filippo Lippi. Canzoniere di Lucrezia Buti», Firenze, Le Lettere, 2021

Vicente Quirarte, Fra’ Filippo Lippi. Canzoniere di Lucrezia Buti, Firenze, Le Lettere, 2021, 90 pp.

Un gioiellino è la pubblicazione di Giuliana Calabrese e di Ignacio Ballester Pardo, giovani e dinamici ricercatori che hanno qui riunito le proprie competenze per donarci in traduzione italiana questo interessante canzoniere del messicano Vicente Quirarte Castañeda (1954).

Innanzi tutto, a livello estetico, colpisce per raffinatezza ed accuratezza anche questo novantaduesimo volume della collana Il Nuovo Melograno, che già tanti frutti ha prodotto in ambito ispanico ed ispanoamericano, con in copertina il dettaglio di Santa Caterina, dipinto nell’ambito della scuola di fra’ Filippo Lippi, qui presente con una doppia valenza, umana ed artistica.

Nel capitolo introduttivo, «La luce non tradisce chi la cerca», Calabrese e Ballester riprendono dal Vasari i punti fondamentali della biografia di Filippo Lippi (1406-1469), indulgendo su quella passione per Lucrezia Buti che finí per ispirare il pittore, accademico e poeta Vicente Quirarte nella raccolta Cancionero de Lucrecia Buti, che ebbe una prima edizione nel 1981 e una seconda, qui utilizzata per la versione, del 1982. Già nell’opera precedente, Calle nuestra (1979), Quirarte aveva dedicato la poesia di chiusura, «Postscriptum per Filippo Lippi», all’artista Héctor Carreto: «un componimento allocutorio che Quirarte rivolge al pittore e che consente di addentrarsi in una dimensione in cui vivono paralleli il Rinascimento italiano e il Messico contemporaneo» (p. 7), aspirando a rendere immortale la storia d’amore tra il cappellano e la monaca ricorrendo allo sdoppiamento.

I venti sonetti della raccolta sono indipendenti, ma nel loro insieme affermano «un universo di godimento dell’esistenza e di fede nella vita» (p. 9). Seppur lo sfondo sia petrarchesco, Quirarte riesce ad infondere una speciale vitalità drammatica alla vita, all’amore, alla letteratura. La tradizione stessa del sonetto giunge mediata dalla forma barocca spagnola, in particolare rielaborando l’amor constante di Quevedo. Condividendo con Lippi l’intensità dei sentimenti e la nostalgia, Quirarte «è in grado di rappresentare tutte le sfumature e le volute dell’animo umano nella tempesta d’amore, insensibile a qualunque tipo di bussola nella cartografia marittima proprio per la sua caratteristica di universalità» (p. 15).

Alla «Nota alla traduzione», in cui Giuliana Calabrese –avvalendosi di un apparato teorico ineccepibile all’interno di un dibattito metodologico eternamente aperto– giustifica la dissonanza traduttiva per rispettare il vincolo tra senso e forma, seguono i venti sonetti di Fra’ Filippo Lippi. Canzoniere di Lucrezia Buti e l’Epilogo. Mare aperto in verso libero, dove pure la traduttrice cerca di preservare l’assetto metrico e la musicalità del testo originale. Marina Bianchi, docente di letteratura spagnola all’Università di Bergamo, firma la «Postfazione», in cui approva la prassi traduttiva della Calabrese, nonché la scelta di un autore rilevante e intenso, qui nella rielaborazione tutta personale del petrarchismo.

I versi di Quiriarte sono tutti da assaporare, a partire dallo spagnolo riprodotto a fronte: versi calibrati, intensi, musicali. Abbondanti sono le figure retoriche utilizzate, quali le serie anaforiche, le anastrofi, gli inciampi, le domande retoriche, che concorrono ad elevare un discorso poetico oltre l’immanenza, come ben testimoniano, nell’elegia, le invocazioni alla sua madonna, tanto vicine alle sacre litanie Lauretane.

Patrizia Spinato B.

(Notiziario n. 108, luglio 2022, pp. 16-17)

Adília César, «Delírium», Pontevedra, Editora Urutau, 2021

Adília César, Delírium, Pontevedra, Editora Urutau, 2021, 120 pp.

«Algo está sempre a acontecer. Por isso escrevo. Escrevo porque algo aconteceu ou acontece». Cito estas palavras de Ana Hatherly pela cumplicidade que estabelecem com a poesia de Adília César.

Em Delírium, a autora prossegue o questionamento das suas obras anteriores, centrando-se no valor fulcral do silêncio, que amplia a sua liberdade para «Descrever a amplitude de um silêncio, de dentro para fora e do preenchido para o vazio». 

Mas «O poema não é um sonho ou uma metáfora / é um galope pela boca adentro». É como se, sob a pele das palavras do poema, corresse uma narrativa sempre inacabada «Uma, duas, três palavras… como se fossem coleiras vazias de cães» (p. 79).

Sempre o silêncio, uma das armas desta escrita, a interrogação suspensa que atravessa o texto em que «Entrar é lembrar e sair é esquecer» (p. 48). A ousadia e amplitude desta poesia confere a Adília César sem sombra de dúvida um lugar singular na poesia portuguesa.

«Já não há longe nem distância, apenas / reconheço as nossas cabeças pensantes / à solta no firmamento». Ou, como a mesma diz em artigo recente, «Não há poesia sem dúvidas, sem questionamento e sem as divergentes linhas de resposta, mas alguém há-de sobreviver […] entre abismos, quedas e cadeirões de veludo» (Lógos, 06.03.2021).

Armandina Maia

(Notiziario n. 108, luglio 2022, p. 16)

Andrés Trapiello, «Selezione poetica», Martinsicuro, Di Felice Edizioni, 2019

Andrés Trapiello, Selezione poetica, Martinsicuro, Di Felice Edizioni, 2019, 139 pp.

Autore prolifico, Andrés Trapiello vanta una vasta produzione letteraria, iniziata nel 1980 con le poesie di Junto al agua e che comprende anche romanzi, racconti, saggi e una monumentale autobiografia composta da una ventina di diari dal titolo Salón de pasos perdidos. Giornalista per diverse testate quali El País, La Vanguardia e ABC, nel 2003 ha ricevuto il Premio Nadal grazie al romanzo Los amigos del crimen perfecto.

Nato nel 1953 a La Vega de Manzaneda, nei pressi di León, Andrés Trapiello vive la sua infanzia in una fattoria con i genitori e sette fratelli. All’età di otto anni scopre l’amore per la lettura e, rifugiandosi nel sottotetto della sua casa, divora i libri presi in prestito dalla biblioteca dello zio. Dopo aver studiato Lettere e Filosofia all’Università di Valladolid, dove collabora anche per il quotidiano Pueblo, nel 1975 si trasferisce a Madrid, città in cui vive attualmente. Dal 1975 al 1977 ha lavorato come redattore in una rivista d’arte e dal 1977 al 1980 ha partecipato a programmi di arte e letteratura della televisione spagnola.

Ma Andrés Trapiello è soprattutto un poeta: i suoi primi libri sono raccolti nel volume Las tradiciones (1991), seguito da Acaso una verdad (1993, Premio Nacional de la Crítica), Rama desnuda (2001), Un sueño en otro (2004), Segunda oscuridad (2012) e Y (2018).

La Selezione poetica che qui recensiamo è stata tradotta da Gabriele Morelli che, nella prefazione, descrive mirabilmente, e per la prima volta in Italia, la poetica di Trapiello: «la produzione poetica di Trapiello privilegia soprattutto i momenti di vita provinciale in cui domina la presenza della natura insieme alla meditazione del fluire del tempo e con esso la giovinezza e l’esistenza» (p. 7). Nei versi di questa raccolta ritroviamo l’Io spirituale rivelato, la sua vocazione, le sue riflessioni, la malinconia di ciò che è passato, lo sguardo al futuro. Così, nella poesia Le mele, il ricordo di «sere dorate», la celebrazione della casa, «la sala oscura con balconi che davano sulla piazza e il battere dell’orologio, i ritratti e una stampa religiosa, il furetto imbalsamato e il candeliere che dorme» (p. 39) ci permettono di scoprire l’intima nota nostalgica del poeta ma anche la natura simbolica degli oggetti evocati. «Se le immagini provengono dalla vista, è la mente che le elabora, poiché sono il risultato di un processo di esplorazione che risponde a un’esigenza vitale» (p. 10): così Morelli richiama il lettore sulla necessità di Trapiello di guardare anche il presente e aprirsi al futuro.

La scrittura del poeta spagnolo è composta da un «forte dinamismo creato dall’uso del dialogo; un dialogo con se stesso, con la natura, con le persone amate e il mondo» (p. 11), una perfetta confluenza tra elementi diversi che generano versi di assoluto fascino.

Emilia del Giudice

(Notiziario n. 107, maggio 2022, pp. 15-16)

Raúl Zurita, «Otra Antología», Selección y prólogo: José Carlos Rovira – Eva Valero Juan, Talca, Editorial Universidad de Talca, 2019

Raúl Zurita, Otra Antología, Selección y prólogo: José Carlos Rovira – Eva Valero Juan, Talca, Editorial Universidad de Talca, 2019, 441 pp.

Il titolo di questo nuovo volume riconducibile al grande poeta cileno si presta a distinte letture, grazie all’aggettivo indefinito che accompagna, connota, completa il sostantivo, di per sé abbastanza chiaro, cui si riferisce.

Scorrendo infatti una qualsiasi bibliografia di Zurita (Santiago del Cile, 1950), risulta abbastanza evidente che non si tratta di un’iniziativa nuova, né per l’autore stesso, né per studiosi ed editori; e risulta altrettanto evidente che l’ingente materiale che compone la sua stessa bibliografia diretta si presta ad essere selezionato a seconda dei gusti, dei tempi, delle opportunità. Allora l’antologia di cui si tratta è ‘altra’ perché è diversa dalle precedenti, alternativa; ma anche aggiuntiva, nuova: perché nuovi sono i curatori, nuova l’edizione, nuovi i criteri adottati.

I due accademici di Alicante a cui è affidata in questo caso l’opera di selezione vengono incontro al lettore tracciando un breve iter delle iniziative precedenti e chiarendo i propri intenti. Innanzi tutto, è doveroso sottolineare che molteplici sono i progetti, accademici ed editoriali, che entrambi hanno promosso intorno a Raúl Zurita in seno all’Università di Alicante e al Centro Mario Benedetti. L’invito loro rivolto dall’Università di Talca per una nuova antologizzazione è dunque quantomai consapevole e ponderato, garanzia di un risultato solido.

L’aggregazione testuale operata da Rovira e Valero è determinata dal rigore filologico e parte da alcuni presupposti fondamentali che essi stessi chiariscono nel corposo studio introduttivo: «una antología debe ser un microcosmos del universo literario al que responde» (p. 23) e come tale dovrà rispettare un certo ordine cronologico, garantire un’opportuna contestualizzazione, giustificare le scelte operate. Nella complessità genetica dell’opera di Zurita, costituita da anticipazioni, rimandi e sovrapposizioni che possono trarre in inganno, è inoltre fondamentale isolare e dare l’opportuno rilevo alle unità principali, che si riducono a sei volumi, pubblicati tra il 1979 ed il 2011, sui quali si basa la presente selezione: Purgatorio, Anteparaíso, Canto a su amor desaparecido, La vida nueva, Poemas militantes, Zurita.

Con tali presupposti, dichiarano, «no pretendemos crear otro libro sino una muestra reducida pero suficiente de lo que existe como indudable» (p. 23): e le quasi ottanta pagine introduttive conducono fermamente per mano attraverso la poesia tanto visiva come immateriale di Raúl Zurita, autore ormai annoverato tra i classici della letteratura cilena contemporanea, che qui offre una nuova e ricca opportunità di lettura.

Patrizia Spinato B.

(Notiziario n. 104, novembre 2021, p. 21)

Valeria Di Felice, «El Batiente de la Felicidad», traduzione a cura di María José Flores Requejo, Spagna, Editorial Renacimiento, 2021

Valeria Di Felice, El Batiente de la Felicidad, traduzione a cura di María José Flores Requejo, Spagna, Editorial Renacimiento, 2021, 89 pp.

Tra i volumi che di consueto arrivano al nostro centro di ricerca ci fa piacere segnalare El batiente de la felicidad, di Valeria Di Felice, che ha sempre avuto un interesse particolare per la poesia, per la letteratura di lingua araba (di autori che vivono nel Mashrek e Maghreb) e per tematiche legate al mondo mediterraneo.

Valeria Di Felice, abruzzese di Martinsicuro, nel 2010 ha fondato la sua casa editrice, Di Felice Edizioni; dal 2012 è componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Editori Abruzzesi ed è socia fondatrice della «Casa della poesia in Abruzzo – Gabriele D’Annunzio». Ha pubblicato le sillogi L’antiriva (2014), Attese (2016) e Il battente della felicità (2018, seconda edizione 2019). Le sue poesie sono state pubblicate in Marocco (2012), negli Emirati Arabi (2015), in Romania (2016), in Palestina e Giordania (2017), in Tunisia (2020) e nei Paesi Bassi (2021). Nel 2020 ha ricevuto la menzione speciale al «XXXII Premio Camaiore – Francesco Belluomini» per la raccolta Il battente della felicità, tradotta in arabo da Sana Darghmouni. Ha curato nel 2016 l’antologia poetica La grande madre. Sessanta poeti contemporanei sulla Madre, nel 2017 la miscellanea di critica e poesia Alta sui gorghi e nel 2019 il volume Antonio Camaioni. Nell’ordine del caos. Nel 2018 ha tradotto in italiano, in collaborazione con Antonella Perlino, il libro di racconti della scrittrice marocchina Fatiha Morchid, L’amore non è abbastanza.

La raccolta che qui proponiamo è composta da tre sezioni: «Sullo schienale del mare / Sobre el respaldo del mar», che raccoglie sedici poesie; «Intermezzo», composto da una poesia; «Il battente della felicità / El batiente de la felicidad» che comprende anch’esso sedici poesie. La De Felice ci consegna pagine dense di amore, di scoperta e di coscienza; le tre sezioni rappresentano un cammino attraverso il quale si illumina e si definisce sempre di più lo spazio: dall’incanto alla creazione, dallo stupore alla consapevolezza. Attraverso i suoi versi scaturisce un’anima sensibile e al contempo matura: «non sarà l’alfa o l’omega, / ma l’infinita espansione di questa arcana magia / a involare le nostre bocche di fiamma / un universo che ci guarda ardere e mai bruciare». Un canto all’amore, alla vita, all’ascolto e alla scoperta.

Emilia del Giudice

(Notiziario n. 104, novembre 2021, p. 20)

Franco Marcoaldi, Tomaso Montanari, «Cento luoghi di-versi. Un viaggio in Italia», Roma, Treccani, 2020  

Franco Marcoaldi, Tomaso Montanari, Cento luoghi di-versi. Un viaggio in Italia, Roma, Treccani, 2020, 233 pp.

«Una guida per ricominciare a viaggiare con la testa e con il corpo, a partire dal cuore»: questo recita la quarta di copertina del libro Cento luoghi di-versi. Un viaggio in Italia, scritto a quattro mani dal poeta Franco Marcoaldi e dallo storico dell’arte Tomaso Montanari. Un vero e proprio itinerario artistico che attraversa le zone più belle della penisola, unendo immagini e poesia per ridare vita al paese colpito dalla tragedia del Covid-19.

Il volume è effettivamente stato pensato durante la pandemia come viaggio virtuale in un periodo di immobilità completa; la prima immagine è infatti una foto di Maki Galimberti che ritrae un reparto d’ospedale durante l’emergenza, accompagnata dalla poesia All’ospedale di Boris Pasternak. La potenza espressiva del connubio tra testo e immagini accompagna tutte le pagine del volume e viene evocata grazie alla capacità dei due curatori di trovare un forte legame tra le due forme d’arte, dando anche diverse interpretazioni ad opere tradizionali.

A questo proposito, rappresentano due esempi la foto dell’Italia di notte dalla Stazione Spaziale Internazionale, accompagnata da uno stralcio del Canzoniere di Petrarca (CXXVIII), avvicinando dunque due mondi molto lontani tra loro, oppure le tre terzine più note del VI canto del Purgatorio (76-84) abbinate ad una foto scattata da Augusto Casasoli, Camera dei Deputati, con una chiara intenzione di adattamento dei versi danteschi riferiti all’Italia del suo tempo ad una situazione politica più attuale. Le diverse chiavi di lettura non hanno però solo carattere cronologico, ma anche interculturale, come nel caso del quadro dell’artista francese Nicolas de Staël dal titolo Sicilia che viene accostato alle righe di Leonardo Sciascia, La Sicilia, il suo cuore. In altri casi, entrambe le opere possono essere straniere, ma non per questo distanti dall’italianità che caratterizza il volume: un caso esemplare è il dipinto del pittore russo-americano Mare e rocce. Capri (III) che è accompagnato dalla poesia di Pablo Neruda Chioma di Capri in Poesie (1924-1964) a cura di R. Paoli, la quale riprende in diversi punti i due elementi naturali che compongono il titolo del quadro. Altre coppie artistiche sono invece più affini, ad esempio la poesia di Ciro di Pers, Per la tomba del Tasso con il monumento funebre di Torquato Tasso dello scultore Giuseppe de Fabris.

Come è possibile comprendere dagli esempi riportati, le immagini non riproducono soltanto dipinti, ma possono trattarsi anche di sculture e fotografie, come quelle già citate, oppure pagine di giornale (prima pagina de Il Mattino, 26 novembre 1980) o fotogrammi (Sophia Loren nei panni della Monaca di Monza); questa eterogeneità si ritrova anche nella dimensione scritta del volume che comprende non solo poesie, ma anche testi di canzoni (Milano di Lucio Dalla o Via del Campo di Fabrizio de Andrè).

Degno di nota, ad opera di Gianfranco Casula, è il progetto grafico del libro, che è stato curato approfonditamente, dato il contenuto del volume: la copertina rigida mostra sul dorso l’anteprima di alcune opere d’arte; all’interno le pagine sono patinate, le immagini hanno colori brillanti e le brevi stringhe di testo presenti per ogni coppia riprendono lo sfondo scelto come cornice per ogni figura o i toni interni al dipinto. L’avvertenza che si trova nelle prime pagine, nella quale vengono rivolte delle scuse al lettore per eventuali errori presenti nel testo dovuti alla situazione particolare di concezione del libro (avvenuta durante il confinamento pandemico), rende l’intero progetto ancora più encomiabile per l’abilità di produrre un volume di tale bellezza estetica e contenutistica in una situazione di difficoltà.

Martina Mattiazzi

(Notiziario n. 103, settembre 2021, pp. 20-21)