Michele Maria Rabà, Potere e poteri. “Stati”, “privati” e comunità nel conflitto per l’egemonia in Italia settentrionale (1536-1558), Milano, FrancoAngeli, 2016, ISBN 978-88-917-4180, pp. 580.
Una prospettiva innovativa su uno scontro di grandi proporzioni, prodottosi agli albori di una contesa secolare per l’egemonia in Italia e in Europa: Potere e poteri si addentra nel cono d’ombra calato dalla storiografia militare sulla seconda fase delle Guerre d’Italia. Tra il 1536 –anno dell’invasione francese degli Stati sabaudi di Piemonte– e il 1558, gli Asburgo e i Valois attinsero a piene mani dalle risorse finanziarie mobilitabili attraverso la tassazione ordinaria e straordinaria dei loro sudditi, e investirono gran parte delle proprie rendite fiscali, rispettivamente, nella difesa e nella conquista dello Stato di Milano –acquisito de facto da Carlo V nel 1535–, il ganglio vitale delle vie di comunicazione tra i possedimenti asburgici in Europa.
Ma le risorse accumulate attraverso i tributi –pur moltiplicate, grazie all’azione coercitiva di potenti eserciti stanziali ed alla possibilità di ottenere prestiti dai grandi banchieri, impegnando entrate future– risultarono insufficienti a mantenere o a mettere in discussione l’assetto peninsulare configurato dalla pace di Bologna (1530): l’urto tra due visioni politiche inconciliabili e tra due potenti e legittimate monarchie –troppo vincolate ai progressi della tecnologia applicata alla guerra per potersi annientare sul campo– ingenerò un dispendioso conflitto di logoramento e impose il ricorso all’aiuto dei ‘grandi’ tra i sudditi.
Chiamati a prestare ‘servizi’ militari della più varia natura, i sostenitori degli Austrias (‘clienti’ e ‘vassalli’) vennero ricompensati attraverso il ‘favore’ del sovrano (il ‘patrono’), che assunse forma concreta nella concessione di giurisdizioni feudali, privilegi fiscali e protezione politica. I contribuenti allo sforzo bellico imperiale –ossia i soggetti politicamente, militarmente ed economicamente rilevanti tra i sudditi di Carlo V–, italiani, spagnoli, tedeschi, greci, albanesi che fossero, divenivano membri di rango del circuito clientelare internazionale del sovrano, di una «coalizione morale» fondata sul mutuo interesse, sull’adesione alla causa della dinastia e sul consenso alla sua leadership. Proprio attraverso i grandi patroni, attraverso i nobili ed i gentiluomini loro protetti e i loro legami personali, tale consenso si trasmetteva anche alla base sociale, pur essendo quest’ultima impoverita a causa della guerra.
Il Potere sovrano poté combattere la sua guerra globale solo aggregando alla propria causa, riconoscendoli e implementandoli, altri Poteri, certamente locali ma realmente operativi nella società e sul territorio.
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(Notiziario n. 73, settembre 2016, p. 4)