Krzysztof Pomian, Il Museo. Una storia mondiale. I. Dal tesoro al museo; II. L’affermazione europea, 1789-1850, trad. a cura di Luca Bianco e Raffaela Valiani, Torino, Einaudi, I, 2021, XXX – 486 pp.; II, Torino, Einaudi, 2022, XIV – 394 pp.
Krzysztof Pomian, attualmente direttore scientifico del Museo d’Europa a Bruxelles, è un filosofo, storico e saggista polacco che ha svolto tutta la sua carriera all’interno del CNRS in Francia dove è giunto nel 1973 per ragioni politiche. Storico emerito delle idee e intellettuale di fama internazionale, Pomian ha focalizzato la sua attività storico-filosofica sulla dottrina della conoscenza, sulla storia della cultura europea ma, soprattutto, sulla storia delle collezioni e dei musei, di cui è diventato uno dei massimi studiosi al mondo.
La sua monumentale impresa, Il Museo. Una storia mondiale, frutto di più di un trentennio di studi, traccia la storia del museo dalle origini fino ai giorni nostri e prende avvio da un passato lontano grazie al primo di tre volumi intitolato Dal tesoro al museo. La prima parte del libro costituisce un viaggio nel tempo: dall’Antichità greca, latina e orientale, si passa per i tesori reali del Medioevo, fino all’entusiasmo per le reliquie della Roma antica nelle cerchie dei principi e dei letterati con la nascita delle collezioni private. Vi incontriamo Carlo V, i re di Francia e Jean, duca di Berry, Petrarca e gli umanisti, i Gonzaga, gli Este e i Medici. La seconda parte è interamente dedicata all’Italia dove, dalla fine del Quattrocento, nascono e si diffondono i primi musei, dapprima a Roma, poi a Firenze, Venezia e Milano. Ed è dall’Italia che i visitatori provenienti dai paesi transalpini portano con sé, insieme ai ricordi di viaggio, il desiderio di avere un museo anche nella propria città, argomento di cui si occupa la terza e ultima parte del libro.
Una storia, quindi, dei diversi modi di contemplare, gestire e valorizzare gli oggetti, ma anche una storia di commerci, saperi e tecniche. Una storia di congiunture economiche, circostanze politiche, tendenze culturali e, non meno, clima religioso. E, al tempo stesso, è una storia affascinante di donazioni e vendite, furti e saccheggi, guerre e diplomazia, problemi giuridici e organizzativi, arte e architettura.
«Oggi esistono circa 85.000 musei,» afferma Pomian «forse di più, o forse di meno perché i musei si ribellano alle statistiche… e puntare all’esattezza equivale a sprofondare nell’illusione».
Moltissimo tempo è trascorso prima che il museo trovasse la sua forma e la sua funzione di conservazione, studio e messa in mostra dei suoi pezzi. Eppure, una storia mondiale dei musei, politica, sociale e culturale non era mai stata scritta. In quest’opera Krzysztof Pomian ci prende per mano e ci porta, innanzitutto, a riflettere sul gesto che per migliaia di anni ha condotto gli uomini a conservare, acquisire e accumulare oggetti ritenuti belli, interessanti, intriganti e rari per piacere personale, ma anche come attributo di potere e ricchezza. È da questa prima fase che a poco a poco sono emerse, parallelamente all’ideale democratico, le forme del museo di oggi, votato alla conservazione degli oggetti: un’istituzione in perenne sviluppo, utile allo svago e all’educazione di tutti.
Nel secondo volume, L’affermazione europea, 1789-1850, Pomian racconta come grazie alla Rivoluzione francese l’accesso ai capolavori artistici fu elevato al rango dei diritti dell’uomo e il museo, deputato a garantirne l’esercizio, divenne l’attributo fondante di una nazione. Il Louvre, rivoluzionario e imperiale, ne è il prototipo. In Europa, l’impatto del 1789 si protrasse fino alla metà del XIX secolo. Il saccheggio praticato dagli eserciti rivoluzionari e imperiali a beneficio della Francia rese gli individui consapevoli del carattere emblematico dei beni artistico-culturali per i popoli, e i musei contribuirono a legittimare il potere del sovrano conferendogli un carattere nazionale. Passando in rassegna i musei a partire dalla National Gallery, al British Museum, al Prado, ai musei borghesi di Francoforte e Lipsia cosí come all’Altes Museum di Berlino, alla Pinacoteca di Monaco, al Walhalla vicino a Ratisbona finanche ai musei di provincia, Pomian ne valuta la portata in quanto sono tutti il risultato di questa dinamica. Con la rivoluzione industriale, che trovò la sua più compiuta espressione nell’Esposizione universale di Londra del 1851, si chiude l’epoca che ha trasformato per sempre l’istituzione museale in una realtà democratica e nazionale, indispensabile in un paese civilizzato. Attendiamo di scoprire nel terzo volume quale sarà la sua evoluzione.
Alessandra Cioppi
(Notiziario n. 112, marzo 2023, pp. 9-10)