“Latin American Theatre Review”, n. 51/2, 2018

Latin American Theatre Review, n. 51/2, 2018, 312 pp.

Sebbene il numero che qui recensiamo non sia di ultima pubblicazione, ci fa piacere proporre la sua lettura per i contenuti, sempre attuali, che lasciano spazio a considerazioni molto interessanti. Ricordiamo che la rivista è pubblicata due volte all’anno dal Dipartimento di spagnolo e portoghese dell’Università del Kansas e fondata nel 1967. LATR copre tutti gli aspetti del teatro e dello spettacolo latino e latinoamericano ed è cresciuta fino a diventare una delle principali riviste accademiche nel suo campo. La pubblicazione è anche online e offre l’accesso gratuito ai numeri arretrati oltre ad un archivio comprende più di 1.000 articoli di accademici, notizie, programmi teatrali e recensioni di libri e spettacoli.

Il saggio di apertura è a firma di Severino J. Albuquerque che interviene con «Tullio Carella’s Recife Days: Politics, Sexuality, and Performance in Orgia» in cui si contestualizza l’esperienza vissuta a Recife da Carella attraverso l’alter ego Lucio Ginarte. il saggio mostra come la visibilità di Carella nella vivace scena letteraria e teatrale di Buenos Aires negli anni Quaranta e Cinquanta sia quasi scomparsa sulla scia dello ‘scandalo’ di Recife e della successiva pubblicazione della prima edizione di Orgia in cui l’intensa esperienza dei sensi viene trascritta con una forte carica erotica senza tralasciare alcun particolare.

Janneth Aldana Cedeño discute sulla maggior parte della creazione artistica di Santiago García e, per estensione, del gruppo Teatro «La Candelaria» sotto la sua direzione, mentre Andres Amerikaner cerca di risolvere la persistente questione dello status di Virgilio Piñera, drammaturgo cubano, intellettuale anticonformista, quale progenitore dell’‘assurdismo’ del quale traccia l’evoluzione stilistica esplorando le sue connessioni con i circuiti intellettuali di quel periodo.

Mary Barnard presenta un’opera, Hatun Yachaywasi, prodotta dal gruppo teatrale Puno Yatiri che descrive la migrazione da rurale a urbana del suo protagonista, Chawpi, intesa come cancellazione della tradizione, della cultura e della conoscenza indigena. Il saggio di Yeliz Biber Vangölü si sofferma su come la costruzione di spazi alternativi nel teatro possa sfidare le principali modalità della spazialità concentrandosi poi sull’opera teatrale Enter the Night (1993) della drammaturga cubano-americana Maria Irene Fornes. Trevor Boffone esamina l’archetipo della ‘donna cattiva’ de «La Llorona» e come esso è stato usato per destabilizzare i discorsi patriarcali nel teatro chicano. Interessante il saggio di Maria de la Luz Hurtado che evidenzia l’intento del drammaturgo Andrés Pérez di trasmettere nell’opera La Huida un profondo trauma personale raccontando un omicidio di stato omofobico non rivelato, perpetrato in Cile nel 1929. Prosegue Ana Lidia García Peña che presenta la storia della vita di Virginia Fábregas, una grande diva del Messico all’inizio del ventesimo secolo e la cui discussione si incentra sui temi quali: i mutamenti del teatro tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento; la vita artistica di Fábregas, il suo teatro, la sua immagine di eleganza e il suo divorzio complesso e scandaloso.

Lo studio di Gilberto Icle, Milena Ferreira Mariz Beltrão e Isadora Pillar Vieira stabilisce un ponte tra il processo di creazione dello spettacolo Cinco Tempos para a Morte e la genetica del teatro, utilizzando i principi di quest’ultima che fornisce uno strumento metodologico importante per comprendere non solo il prodotto finale (lo spettacolo), ma anche il processo di creazione collettiva (le prove) dello spettacolo ideato ed eseguito tra il 2010 e il 2011. Il contributo di Marin Laufenberg mette a fuoco l’interazione tra i livelli di osservatori e gli osservati nell’opera di Griselda Gambaro del 1986, Antígona furiosa in cui la Gambaro usa il mito come luogo ideale per un discorso politico.

Segue lo studio di Maybel Mesa Morales nel quale si esplora l’opera di Lucía Laragione Cocinando con Elisa (1993): un’opera della drammaturgia argentina che interpreta in chiave simbolico-allegorica la tortura come essenza di strumento di dominio della dittatura argentina sul corpo femminile. Natacha Osenda ci conduce a profonde riflessioni sulla questione dei bambini scomparsi durante l’ultima dittatura militare argentina (1976 -1983) attraverso l’opera teatrale di Patricia Zangaro, A propósito de la duda.

L’articolo di Maria Teresa Sanhueza ripercorre la storia di «El Rostro» il leggendario Teatro de la Universidad de Concepción (TUC), che è stato il teatro universitario regionale più attivo negli anni ’50 e ’60. Durante gli anni di Pinochet, quando la maggior parte delle compagnie ha interrotto i propri sforzi artistici a causa della censura e della persecuzione politica, «El Rostro» è stato l’unico collettivo che è riuscito a adattarsi, cambiare e sopravvivere. Concludiamo con lo studio di Josh Stenberg che recupera Cuba e il Perù (soprattutto L’Avana e Lima) come nodi principali dell’opera cantonese tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, delineando la ricezione e l’eredità di queste connessioni transpacifiche.

Emilia del Giudice

(Dal Notiziario n. 112, marzo 2023, pp. 5-6)

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